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operaio indossa tuta monouso

Indumenti protettivi da lavoro: come sceglierli

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La selezione del corretto dispositivo di protezione è fondamentale per ridurre i rischi residui a cui è esposto il lavoratore in alcuni ambienti professionali seppur dopo l’implementazione di adeguate misure di prevenzione e protezione collettiva.

Il mercato offre una gamma molto variegata ed estensiva di abiti da lavoro ed indumenti protettivi, quindi il datore di lavoro può orientarsi tra prodotti di abbigliamento monouso e riutilizzabili con vari livelli di prestazione a seconda del rischio a cui il lavoratore è esposto.

Abbigliamento e tute protettive monouso 

Molto frequentemente la scelta ricade su tute di protezione usa e getta che cercano di combinare nello stesso prodotto sicurezza, igiene e comfort, sono costruite con tessuti tecnologici spesso estremamente leggeri, morbidi al tatto e di facile vestibilità. Se ne trova impiego in numerosi settori lavorativi, dall’agricoltura all’industria, nel settore chimico e farmaceutico ed altro. L’abbigliamento monouso può essere adatto a diversi tipi di rischio, pertanto anche questi dispositivi vengono classificati in 3 categorie: 

  • Categoria 1 = Rischi minori, dove l’utilizzatore prevalentemente non viene a contatto con sostanze aggressive (es. pulizie industriali, in laboratori o catering).  
  • Categoria 2 = Rischi intermedi, dove il lavoratore è esposto a sostanze a basso rischio (es. manutenzioni) 
  • Categoria 3 = Rischi gravi o mortali, dove il lavoratore è esposto ad agenti chimici e sostanze pericolose 

Per facilitare la selezione dell'indumento di protezione chimica, l’UE ha sviluppato sei categorie suddivise per “Tipi” ciascuno dei quali offre un’indicazione delle specifiche di protezione delle tute di protezione usa e getta e degli indumenti protettivi contro un particolare rischio (gas, liquido o polvere) e a vari livelli. 

Classificazione e protezione delle tute monouso 

Qual è dunque la classificazione delle tute monouso? 

TIPO SPECIFICHE DI PROTEZIONENORMA TECNICA DI RIFERIMENTOLOGO
Protezione limitata contro agenti chimici liquidi (spruzzi leggeri) EN 13034  Tute monouso tipo 6
Protezione contro particolato solido aerodisperso EN ISO 13982-1 Tute monouso tipo 5
Protezione contro la saturazione di sostanze chimiche liquide EN 14605  Tute monouso tipo 4
Protezione contro getti forti e direzionali di sostanze chimiche liquide EN 14605  Tute monouso tipo 3 
Protezione NON a tenuta di gas contro sostanze chimiche liquide e gassose, aerosol e particolato solido EN 943-1    Tute monouso tipo 2
Protezione a tenuta di gas contro sostanze chimiche liquide e gassose, aerosol e particolato solido EN 943-1 & 2  Tute monouso tipo 1

Mentre le tute tipo 2 stanno andando in disuso, una preponderante parte del mercato è costituita da tute monouso tipo 5/6, che sono quelle con la capacità protettiva più limitata e solitamente un prezzo normalmente più contenuto.  

Ma cosa c’è dietro la progettazione e la certificazione di queste tute? Quali sono dunque i requisiti di questo genere di dispositivi? 

Partiamo dal più “semplice”: la tuta monouso di tipo 6.  

Innanzitutto questi indumenti protettivi da lavoro devono essere conformi alle prescrizioni della norma EN ISO 13688:2013 che specifica i requisiti generali e si applica ad abiti da lavoro e protettivi. Essa stabilisce tra le altre cose, che i materiali non devono causare irritazioni cutanee o effetti avversi sulla salute, specificando anche dettagli sulle taglie e sull'etichettatura necessaria. 

Dopodiché devono rispettare le prescrizioni previste da Test di penetrazione allo spruzzo (basso livello) della EN ISO 17491-4:2008 (metodo A). Come viene eseguito questo test? 

  • Un liquido colorante (fluorescente o visibile) viene spruzzato in condizioni controllate su indumenti di protezione chimica indossati da un soggetto umano di prova; 
  • Si procede ad ispezionare la superficie interna degli indumenti di protezione e della superficie esterna degli indumenti assorbenti indossati al di sotto per identificare eventuali punti di perdita interna. 

Nei fatti un soggetto indossa la tuta ed entra in una camera apposita, posizionandosi in modo eretto su una piattaforma rotante (che gira di 360º/min) a una distanza di 1,5 metri dagli ugelli di spruzzo.  

Il dispositivo viene quindi spruzzato da tutti i lati, mentre il soggetto cammina lentamente, sollevando braccia e gambe per esporre allo spruzzo tutte le aree della tuta con circa 4-4,5 litri di acqua colorata per 1 minuto (1 rotazione completa) da una serie di ugelli ad altezze diverse, in modo da raggiungere saturazione. 

Dopodiché si passa all’ispezione visiva. 

Il passo successivo è il test di Repellenza e penetrazione chimica (“Gutter test” EN 368 sostituita dalla EN ISO 6530:2005) con cui si verifica il processo fisico di passaggio del liquido attraversando i pori o i fori all’interno del tessuto. In questo caso il test viene eseguito posizionando il tessuto da testare in una canalina inclinata a 45º e rivestita con un tessuto assorbente. 

In fondo alla canalina è posto un contenitore di raccolta. 

In 10 secondi vengono versati, sulla parte superiore del tessuto di prova, 10 ml di una specifica sostanza chimica tramite un ugello:  

  • il liquido che penetra nel tessuto entro 1 minuto viene espresso come percentuale (%) della quantità originale versata sul tessuto; 
  • La parte residua di liquido raccolto alla fine nell'apposito contenitore è misura la repellenza del tessuto e viene espresso come percentuale (%) della quantità originale. 

Ovviamente queste prestazioni sono classificate con degli indici che corrispondono a 3 classi, dove la classe 1 è la meno prestazionale. 

Anche la resistenza delle cuciture, giunture e assemblaggi è un elemento fondamentale nella determinazione delle prestazioni di una tuta protettiva, quindi oltre al testo di spruzzo si eseguono delle specifiche verifiche per assicurarsi che siano costruite in modo da ridurre al minimo o impedire la penetrazione del liquido attraverso i fori di cucitura o altri componenti della stessa. La resistenza della cucitura è determinata e classificata in base alla norma EN 14325:2004, ed è necessario ottenere almeno la classe 1 (> 30 N). 

Infine vanno eseguiti una serie di test sul tessuto secondo la norma EN 14325:2004 per verificare la prestazione meccanica dello stesso in termini di abrasione, strappo, resistenza a trazione e perforazione. 

Dopo questo breve riassunto il termine “semplice” con cui abbiamo precedentemente definito il tipo 6, forse diventa eccessivamente riduttivo.  

Va da sé inoltre che per le tute di tipo diverso con prestazioni di protezione maggiori, i test diventano ancora più rigorosi e complessi. 

Indumenti protettivi contro agenti infettivi 

Questa classificazione però non basta se le tute vengono utilizzate in ambienti dove gli operatori possono essere esposti ad agenti infettivi ed ecco perché alcune sono testate secondo la EN 14126:2003, normativa tecnica specifica per la protezione contro agenti infettivi

Come indicato nell’incipit della normativa stessa, questi dispositivi hanno doppia funzione: 

  • Proteggere l’utilizzatore dall’esposizione a questi microrganismi potenzialmente tossici impedendo che raggiungano la pelle (che potrebbe essere anche lesa); 
  • Impedire la diffusione di tali agenti infettivi ad altre situazioni o persone. 

Se un dispositivo è conforme ai requisiti prescritti da tale norma, accanto al numero del “tipo” sotto il relativo pittogramma, appare una lettera B oltre all’apposito pittogramma. 

Tuttavia occorre prestare attenzione poiché gli agenti infettivi sono un gruppo molto eterogeneo di organismi per quanto riguarda dimensione, forma, condizioni di vita, dose infettiva, capacità di sopravvivenza e molti altri parametri quindi non sono tutti identici ed ai fini di questa valutazione vengono suddivisi in 4 gruppi di rischio:  

  1. Agenti biologici che difficilmente provocano malattie negli esseri umani; 
  1. Agenti biologici pericolosi che possono causare malattie negli esseri umani, ma la cui dispersione fra gli esseri umani è poco probabile; 
  1. Agenti biologici che possono provocare gravi malattie negli esseri umani e comportano rischio di dispersione; 
  1. Agenti biologici che possono provocare gravi malattie negli esseri umani e per i quali può sussistere un elevato rischio di dispersione oltre alla scarsa possibilità di implementare misure di prevenzione o trattamento. 

Ci sono altresì ulteriori prestazioni che questi indumenti possono avere, per esempio antistaticitá, resistenza al calore ed altro. 

La valutazione dell’idoneità degli indumenti va eseguita in funzione della precisa situazione in cui si troverà l’operatore e la selezione del prodotto va eseguita sempre dopo una valutazione dei rischi svolta da una persona competente che è a conoscenza delle condizioni di lavoro specifiche e delle limitazioni dei DPI. 

Alcune domande che possono guidare nella scelta sono: 

  • L’agente contaminante a cui è esposto il lavoratore è pericoloso?  
  • Si rende necessaria la protezione contro particolato o contro liquidi o entrambi? 
  • Il lavoratore è esposto a spruzzi limitati di liquido, o getti in pressione o spray? I liquidi presenti sono base oleosa? 
  • Nell’ambiente a cui è esposto il lavoratore, sono presenti scintille o fiamme? 
  • È necessario che vi sia un trattamento antistatico o un basso rilascio di fibre? 

La risposta a queste domande ed una approfondita analisi della valutazione del rischio possono aiutare a pervenire alla scelta del miglior dispositivo da assegnare al lavoratore per la sua protezione.